L’assessore candidato alle elezioni non può usare a fini di propaganda elettorale  i dati personali e gli indirizzi e-mail in suo possesso per ragioni istituzionali.  
Il fatto. Una dipendente comunale, aprendo la mail di lavoro,  scopre che l’ex assessore al personale si candida alle elezioni regionali e chiede il suo voto. Probabilmente la stessa mail è stata spedita a tutto il personale comunale e alcuni dipendenti, che si ritengono lesi nei loro diritti, si rivolgono al Garante per la protezione dei dati personali. I dipendenti segnalano all’Autorità che gli indirizzi mail sono stati acquisiti da un indirizzario di posta elettronica che non è pubblico, essendo ad esclusivo uso interno dell’amministrazione e nella disponibilità dell’ex assessore al personale  in virtù dell’incarico precedentemente ricoperto.

L’Autorità ha emesso il provvedimento di divieto ritenendo l’operato dell’ex assessore illecito sotto diversi profili. In primo luogo, perché il trattamento dei dati è avvenuto in violazione del principio di finalità: gli indirizzi mail comunali, infatti, il cui scopo è quello di consentire il contatto per l’assolvimento delle funzioni istituzionali, non possono essere utilizzati per il perseguimento di altre finalità (non compatibili con quelle che ne hanno giustificato la raccolta originaria),  come appunto la propaganda elettorale. In secondo luogo perché i partiti, le liste o i singoli candidati non possono utilizzare indirizzi di posta elettronica senza il consenso specifico e informato dei destinatari. Consenso che, nel caso in esame,  non risulta acquisito, come non risulta che i destinatari siano stati informati sull’uso che veniva fatto dei loro dati.

Dott. Igino Addari

 

 

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