Parlando con politici, dirigenti e funzionari di enti pubblici si sente una considerazione prevalere sulle altre: che ne sarà delle attività economiche dei nostri centri abitati? Sono tutte chiuse, riapriranno?

Il silenzio più assordante si avverte nei piccoli paesi. Un deserto. Serrande chiuse da tre settimane ma è come se nulla fosse. Oppure no. Forse questa epidemia ci ha lanciato un messaggio. Un messaggio che è bene cogliere prima che sia toppo tardi.

La vita prosegue, i generi di prima necessità e non solo quelli arrivano e  le attività procedono da remoto. Tutto on line, tutto sul web. Si parla di 8,5 milioni di italiani che stanno proseguento l’attività lavorativa in smart working o “lavoro agile” secondo l’Accademia della Crusca. 

E il Presidente del Consiglio Conte vuole addirittura proporre il “diritto a internet” come un diritto costituzionale, fondamentale per l’essere umano.

Un po’ duri a capirlo e forse alla fine si esagera un po’. In effetti non è stato mai stabilito un diritto al treno o all’automobile.
In fin dei conti si tratta solo di uno strumento che, se utilizzato, avvantaggia l’economia. Ci siamo stracciati le vesti e i capelli pur di ostacolare le autostrade informatiche.
Come gli indiani che assalivano il treno, come i nostalgici del calesse che mai sarebbero passati ai cavalli vapore. Ma alla fine abbiamo capito. Ora sono tutti entusiasti e tutti sono pronti a dire “lo dicevo”.

Anche secondo Mariangela Marseglia, manager per l’Italia di Amazon, le piccole e medie imprese sono in netto ritardo digitale in quanto solo un terzo di esse sono digitalizzate  e una su sette ha un fatturato significativo online.

In Italia il coronavirus ha fatto esplodere gli acquisti online e i consumi domestici cambieranno per sempre, obbligando le pmi italiane a recuperare il gap digitale con i concorrenti stranieri.

La manager di una delle big tech copanies evidenzia che i consumatori che si sono abituati a pagare con strumenti digitali e ad effettuare acquisti online, difficilmente torneranno indietro, determinando un consistente aumento dell’e-commerce che si protrarrà anche dopo l’emergenza Coronavirus.

Questo è il motivo per cui le imprese italiane devono urgentemente recuperare il ritardo o rischieranno di uscire dal mercato.

La sfida è aperta il terreno perso è ancora recuperabile lasciando da parte i vecchi metodi per offrire i prodotti e procurarsi clienti in un mercato aperto e trasparente. Privilegiando le capacità, la ricerca e la competizione non assistita.

Forse il campanello d’allarme è suonato, per il sistema Italia, prima che fosse troppo tardi. 

Dott. Igino Addari

       

 

 

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